Fast fashion: il lato oscuro della moda

L’illusione del bello a poco prezzo

La diffusione del fast fashion ha rivoluzionato l’industria dell’abbigliamento, rendendo i capi accessibili e a basso prezzo. Ma dietro questo modello si nasconde un impatto ambientale e sociale spesso ignorato. Un recente articolo de Il Resto del Carlino fa il punto sulla questione.

  • Spreco e consumo eccessivo: Ogni europeo butta in media 11 kg di abiti all’anno; a livello globale si raggiungono 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili all’anno.

  • Enorme impatto ambientale: Servono oltre 2.700 litri d’acqua per una sola maglietta. Il settore moda è responsabile del 10% delle emissioni globali di CO₂, più di aerei e navi messi insieme.

  • Fiumi trasformati in discariche: Il Buriganga in Bangladesh è diventato simbolo dell’inquinamento da scarti tessili, con gravi danni sanitari ed ecologici.

  • Condizioni di lavoro disumane: Milioni di operai, inclusi minori, lavorano in stabilimenti insicuri con salari bassissimi. Il crollo del Rana Plaza nel 2013 è l’episodio più emblematico.

  • Moda usa e getta: I capi vengono indossati in media solo 7 volte. Il fast fashion alimenta un modello di consumo insostenibile e poco etico.

  • Prospettive di cambiamento: Serve una transizione verso lo “slow fashion”, che promuove durabilità, qualità e sostenibilità ambientale e sociale.

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