Tessile al test della raccolta differenziata Ue da inizio 2025

Tessile al test della raccolta differenziata Ue da inizio 2025

L’articolo de Il Sole 24 Ore:

Il quadro. Dal1°gennaio scatta il vincolo europeo. In Italia il sistema, partito nel 2022, non decolla:
responsabilità dei produttori ancora in stand by.

Marta Casadei

Mancano poco più di tre settimane al 1° gennaio 2025, quando i Paesi europei avranno l’obbligo di raccolta differenziata dei rifiuti tessili in base alla direttiva Ue 2018/85. Più della metà dei membri Ue si è già adeguata all’obbligo, Italia inclusa, ma attualmente solo il 12% della produzione va nel circuito della differenziata (fonte Eea), e la mancanza di una politica di responsabilità estesa al produttore sta zavorrando la raccolta dei rifiuti tessili.

In Italia l’obbligo dal 2022

La situazione italiana è peculiare: il nostro Paese con il Dlgs 1/6/2020 ha introdotto l’obbligo di raccolta differenziata dei tessili il 10 gennaio 2022, in anticipo di tre anni rispetto al vincolo europeo; ma proprio nel 2022 il tessile ha rappresentato, secondo Ispra, solo lo 0,8% del totale dei rifiuti raccolti separatamente. Sempre secondo Ispra, i rifiuti tessili post consumo raccolti in Italia sono passati dalle 133mila tonnellate del 2017 alle 160mila del 2022. Tra il 2021 e il 2022, anno di introduzione dell’obbligo, la quantità di rifiuti tessili raccolti nella differenziata è salita in modo marginale, passando, in media, da 2,6 a 2,7 kg pro capite all’anno. Dati più recenti, relativi al 2023, arrivano dalle città metropolitane: a Milano la raccolta pro capite è stata di 3,2 kg per abitante. Una quota comunque ridotta,non solo a fronte della media Ue (4,4 kg) ma anche della quantità di rifiuti tessili prodotti, che in Europa si stima sia di circa 12 kg a persona

Epr, orizzonte al 2026

A frenare la raccolta è anche la mancata concretizzazione della responsabilità estesa al produttore (Epr) per il tessile che è allo studio a Bruxelles su scala europea (si veda l’articolo a fianco) ma in Italia, pur essendo stata istituita con il Dlgs 116/2020, non è mai stata regolamentata e non è mai partita. Il decreto per la definizione di questo tipo di responsabilità, infatti, è stato abbozzato nella primavera 2023 ma non è mai stato approvato. La firma, secondo gli stakeholder, potrebbe arrivare nella primavera-estate 2025, con l’avvio dei consorzi nel gennaio 2026: Il Mase conferma di aver riavviato i lavori sullo schema di decreto che, dopo la condivisione con il Mimit, sarà rimesso in consultazione aperta. Il ministero sta facendo da ponte tra le associazioni delle imprese del settore , i consorzi e i Comuni. Questi ultimi oggi si occupano della raccolta differenziata che è effettuata principalmente con il deposito nei cassonetti, ma in alcuni casi è anche porta a porta: il primo Comune ad averla introdotta è stato Capannori (Lucca), a metà 2022.

I consorzi

Il decreto dovrebbe istituire ufficialmente i consorzi per la raccolta e il riciclo tessile e disciplinarne l’attività. «Il ruolo dei consorzi sarà fondamentale per facilitare l’implementazione di un sistema di raccolta, riutilizzo e riciclo, soprattutto in vista della crescita del 63% della produzione e del consumo di abbigliamento e calzature stimata entro il 2030, con un aumento da 62 a 102 milioni di tonnellate – ha commentato Alberto Canni Ferrari, head of Erp Southern Europe, cui fa capo il Consorzio Erp Italia Tessile (Landbell Group). Va creato un sistema equilibrato, rispettando le realtà che operano nel settore:

le cooperative non devono essere intimorite dall’Epr che può dare una spinta importante all’attività di raccolta dei rifiuti tessili. È importante scrivere comuni regole operative di sistema a cui i consorzi dovranno attenersi, poi le aziende dovranno verificare quale consorzio rappresenta meglio le loro esigenze, anche in termini di expertise sulla gestione del fine vita».

In Italia esistono attualmente sei consorzi (Retex.Green; Re-Crea; Cobat Tessile; Erp Italia Tessile; Erion Textile; Unirau) che stando alla bozza di decreto dovrebbero coordinarsi attraverso il Centro di Coordinamento per il Riciclo dei Tessili (Corit), ma non possono lavorare sul riciclo di prodotti tessili post consumo in mancanza di regole chiare. Prodotti che aumenteranno a dismisura: con l’entrata in vigore della responsabilità del produttore, al settore tessile si applicherà anche la norma, contenuta nel decreto Salva infrazioni (131/2024, convertito nella legge 166/2024), che prevede l’implementazione dell’Epr su tutti i prodotti venduti sulle piattaforme online.

L’effetto sulla raccolta

L’Epr tessile, come detto, potrebbe spingere ulteriormente la raccolta differenziata: la raccolta dei rifiuti tessili e l’implementazione dell’Epr sono secondo Mauro Chezzi, vicedirettore Smi e referente per il consorzio Retex.Green, «fondamentali per il futuro della filiera che noi vogliamo sviluppare in chiave circolare. La capillarità della raccolta è importante e l’attività dei consorzi porterà una serie di innovazioni e sviluppi anche su quel fronte: il nostro obiettivo resta il riciclo fiber to fiber». Sul fatto che l’Epr spingerà la raccolta è d’accordo anche Luca Campadello, strategic development e innovation manager di ErionTextiles: «Già nella maggioranza dei Comuni italiani i rifiuti tessili si raccolgono con i cassonetti e sebbene i risultati siano ancora ridotti, con 160mila tonnellate di tessili raccolti l’Italia è a buon punto rispetto a Paesi come la Francia dove, pur essendo in vigore l’Epr da anni, la raccolta nei cassonetti si ferma a 180mila tonnellate. Quando arriverà in Italia potremo mappare al meglio i flussi: una quota consistente dei tessili finisce ancora nell’indifferenziato, ce ne siamo resi conto aprendo i sacchetti della spazzatura nell’ambito di un progetto in collaborazione conl’Amiat di Torino». Secondo Campadello «la presenza di più consorzi non creerà confusione, bensì concorrenza: quello che per esempio manca in Francia, dove c’è un’unica piattaforma digestione (Refashion, ndr)»